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Psicoterapia a distanza. Come accogliere e comprendere i pazienti al di fuori dello studio


L’emergenza “Corona Virus” ha costretto molti professionisti a rimodulare il proprio lavoro, avvalendosi degli strumenti di comunicazione a distanza, di videoconferenze e di altre applicazioni. Dopo l’intervento di una pedagogista, a proposito di formazione a distanza, sentiamo il parere di una professionista, Giulia Dal Zovo, impegnata in lavoro molto delicato: la psicoterapia.


Giulia, a causa dell'emergenza in atto hai cercato di seguire i tuoi pazienti online?

Sì, purtroppo questa situazione mi ha portato a interrompere i colloqui in studio con i miei pazienti, a causa delle misure restrittive a tutela della salute collettiva. Rimango comunque disponibile, in questo momento così delicato, per continuare le sedute in modalità on-line, attraverso varie piattaforme, Skype, Zoom, Whatsapp video.


Nel rispetto dovuto al segreto professionale, puoi dirci come ti trovi a gestire la relazione con loro?

Onestamente devo ammettere che non è la stessa cosa. Innanzitutto, non tutti i pazienti sono disponibili a continuare la terapia in questo modo. Oltre al cambiamento di routine posso ipotizzare che in questo momento di convivenza forzata non tutti abbiano uno spazio protetto a casa dove sentirsi veramente “liberi” di raccontarsi.


Perché l'ambiente in cui si fa psicoterpia è importante, vero?

Certamente. Il setting, infatti, ha una grandissima importanza e il calore della stanza di terapia e del contatto fisico e visivo è difficilmente replicabile attraverso uno schermo. Tuttavia, la tecnologia ci permette comunque di comunicare a distanza e di portare avanti una psicoterapia anche in questo modo, e con un po' di adattamento da parte di entrambi il paziente può comunque sentirsi accolto e compreso nel profondo, anche in questa situazione particolare.




Ritieni che, al di là della situazione attuale, questa modalità possa, in futuro, integrare la psicoterapia in studio? Se sì, in quali casi?

È’ possibile certo, per chi ha difficoltà a recarsi in studio e a dare una continuità di presenza, e per chi sceglie di intraprendere un percorso con me anche se abita lontano.

Tuttavia, la modalità che preferisco è quella vis à vis, all’interno di un setting preparato e accogliente, in cui ci si possa salutare con una stretta di mano o un caldo abbraccio!


NB Il setting è la cornice entro la quale si crea e poi si mantiene il processo terapeutico. Si parla di setting esterno (lo spazio fisico, la stanza, l'arredamento, il contratto stipulato tra paziente e terapeuta) ed interno (l'assetto mentale che caratterizza il terapeuta, la comunicazione tra gli inconsci e i mondi interni di paziente e terapeuta).

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