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Bisogni educativi speciali, tra luoghi comuni e politiche di inclusione


Le persone non sono etichette! Ogni volta che un insegnante si esprime dicendo “Io ho tre BES in classe” tratta i propri alunni come oggetti su cui incollare il cartellino giusto.


I bisogni, educativi e speciali (i cosiddetti BES!) sono necessità transitorie (bambini appena immigrati, situazione complessa in famiglia, lutti, malattie, difficoltà economiche …) o permanenti (disabilità o disturbi diversi legati al funzionamento) e comprendono tutte quelle condizioni di vita che chiedono un supporto esterno.


La normativa italiana è molto chiara:

Particolare attenzione è dedicata, secondo quanto disciplinato dall’articolo 1, comma 1, agli alunni con disabilità e più in generale agli alunni con bisogni educativi speciali, dizione entro la quale, giuridicamente, sono compresi non solo gli alunni con disabilità o con disturbo specifico degli apprendimenti, ma tutti quegli alunni, anche non certificati, per i quali il diritto all’istruzione passa attraverso l’adozione di particolari misure, volte a superare ostacoli oggettivi all’apprendimento, su cui ha dato indicazioni la Nota Dipartimentale 1990/2020. (Nota MI 2002 del 09/11/2020).


Quando un nostro alunno ha un bisogno, educativo, e in più anche speciale, il suo modo di stare nelle cose del mondo è diverso, nel senso che si relaziona, vive, apprende, socializza, condivide con modalità che sono altre, che vanno comprese e considerate con percorsi alternativi, adattati, funzionali e a servizio della persona più che del suo essere BES!

Parlo di percorsi ricchi di facilitatori a garanzia di un funzionamento che ha diritto di esprimere pienamente tutte le sue potenzialità.


Inoltre, usare le parole giuste al posto giusto e lasciar andare gli anacronismi è ancora un’altra barriera verso l’inclusione piena: l’handicap è uno svantaggio da colmare mentre la disabilità è un modo diverso di funzionare, il primo induce ad una corsa senza sosta nella speranza di raggiungere gli altri, il secondo guarda alla realizzazione di una vita ricca riducendo barriere e introducendo facilitatori.


Non sono sinonimi, handicap e disabilità, sono termini in contrasto tra loro e oramai superato, il primo, fin da quando, oramai un ventennio fa, l’OMS ha introdotto l’ICF (Classificazione internazionale del funzionamento,della disabilità e della salute-OMS 2001)!


Cosa si chiede allora? Un cambio di passo decisivo, un modo di intendere TUTTI come portatori di una diversità che è un valore aggiunto, una varietà che alimenta e riduce le povertà, quelle culturali, quelle sociali, quelle etiche, quelle creative e che guarda ai punti di forza e alle infinite potenzialità che si celano dentro ognuno di noi.


Un bambino non è un BES! Non è un handicappato! Un bambino HA un bisogno educativo speciale e necessita di una ambiente che faciliti e predisponga strumenti e strategie adeguate a permettergli di realizzare il suo potenziale e di regalarlo al mondo!


Annamaria Giarolo

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